In età romana, ai tempi di Tiberio, la Grotta era utilizzata come un ninfeo marittimo. L’antro, infatti, costituiva una vera e propria appendice subacquea ad una villa augusto-tiberiana, oggi ridotta a pochi ruderi. Testimoni di quest’utilizzo sono le numerose statue romane, rappresentanti Poseidone, un tritone ed altre creature marine, che in origine dovevano esser state disposte lungo le pareti della caverna. Le statue, trovate nel 1963 dopo alcune indagini archeologiche, sono oggi custodite nel Museo della Casa Rossa ad Anacapri. Per molti anni la Grotta Azzurra non venne più visitata e fu temuta dai marinai locali perché le leggende popolari la descrivevano come un luogo infestato dagli spiriti e dai demoni. Un giorno del 1826 un pescatore locale accompagnò lo scrittore prussiano August Kopisch e il pittore Ernst Fries a visitarla. I due raccontarono delle meraviglia della Grotta Azzura e da allora divenne tappa fissa di ogni viaggio a Capri.
L’ingresso è largo 2 m e alto solo 1 m. Per visitarla bisogna salire su piccole barche a remi che possono contenere al massimo 4 persone. Il marinaio chiederà di stendersi sul fondo della barca ed entrerà nella grotta dandosi lo slancio con una catena attaccata alla roccia. L’ora in cui i riflessi nella Grotta raggiungono il loro massimo splendore è tra le 12:00 e le 14:00.
La colorazione blu della grotta è causata dalla luce del sole che entra attraverso una finestra sottomarina che si apre esattamente sotto il varco d’ingresso, subendo in tal modo una filtrazione da parte dell’acqua, che assorbe il rosso e lascia passare l’azzurro. Un secondo fenomeno determina i riflessi argentei degli oggetti immersi: le bolle d’aria che aderiscono alla superficie esterna degli oggetti, avendo indice di rifrazione diverso da quello dell’acqua, permettono alla luce di uscire.